Tribunale di Pordenone, Giudice Dott.ssa Dall’Armellina, 19-12-2017 – LIQUIDAZIONE DEI BENI

NELLA PROCEDURA DI LIQUIDAZIONE, CON RIFERIMENTO AL CREDITO ASSISTITO DA IPOTECA, SI APPLICA QUANTO AL RICONOSCIMENTO DEL PRIVILEGIO SUGLI INTERESSI L’ART. 2855 C.C. (LA COLLOCAZIONE DEGLI INTERESSI È LIMITATA ALLE DUE ANNATE ANTERIORI E A QUELLA IN CORSO AL GIORNO DEL PIGNORAMENTO), ATTESO IL SUO CARATTERE LATAMENTE ESPROPRIATIVO.

IL LEGALE DEL SOVRAINDEBITATO NON PUO’ INSINUARE CREDITO PER ASSISTENZA PROFESSIONALE SUCCESSIVA ALL’APERTURA DELLA LIQUIDAZIONE E NON AUTORIZZATA DAGLI ORGANI DELLA PROCEDURA.

Tribunale di Udine, Giudice Dott. Massarelli, 12-05-2016 – LIQUIDAZIONE DEI BENI

NELLA PROCEDURA PER LIQUIDAZIONE DEI BENI LE PROCEDURE ESECUTIVE PENDENTI NON POSSONO PROSEGUIRE, NEMMENO SE AVVIATE DA CREDITORI FONDIARI: NON SI APPLICA L’ART. 41 COMMA 2 TUB.
NELLA PROCEDURA PER LIQUIDAZIONE DEI BENI ALLE CESSIONI DI CREDITO ANTERIORI SI APPLICA LA LIMITAZIONE TEMPORALE DEL TRIENNIO: SI APPLICA UN PRINCIPIO DESUMIBILE DAGLI ARTT. 2918 E 1605 C.C.

MASSIME
Nella procedura di liquidazione dei beni del debitore in stato di sovraindebitamento, ex art. 14 ter l. n° 3/2012, le procedure esecutive pendenti a carico del debitore non possono proseguire per tutta la durata del procedimento liquidatorio, nemmeno se avviate da creditori fondiari: manca una disposizione di deroga, quale quella recata dall’art. 41 comma 2 TUB solo per il fallimento del debitore, per stabilire che il creditore fondiario può avviare o proseguire l’esecuzione individuale anche in caso di liquidazione del debitore in stato di sovraindebitamento, e le norme eccezionali non possono essere interpretate analogicamente per farne applicazione ad altri casi rispetto a quelli in essa considerati (art. 14 disp. prel. c.c.).
Con l’apertura della liquidazione concorsuale, le cessioni di credito disposte dal creditore non divengono automaticamente inefficaci: se sono rispettate le regole di cui all’art. 2914 n° 2 c.c., esse sono opponibili, ma, applicando un principio desumibile dall’art. 2918 cod. civ. e dall’art. 1605 cod.civ., con la limitazione temporale del triennio.
E’ concedibile al debitore un termine per integrazioni documentali.
E’ opportuno nominare liquidatore lo stesso professionista che ha svolto le funzioni di O.C.C. e redatto la relazione particolareggiata ex art. 15 comma 8 L. n° 3/2012.

IL CASO
Un debitore in stato di sovraindebitamento, non essendovi le condizione per proporre un accordo di composizione o un piano del consumatore, depositava ricorso per liquidazione del patrimonio, ex art. 14 ter l. 3/12, allegando la relazione del Gestore della crisi (ossia il professionista con funzioni di OCC)
Il Giudice, esaminata la documentazione (come integrata a seguito di termine all’uopo concesso), ravvisava l’assenza di cause di inammissibilità e di atti in frode, e dichiarava aperta la procedura concorsuale, nominando Liquidatore del patrimonio lo stesso Gestore della crisi.
Con il decreto, decideva varie questioni quanto alle preesistenti esecuzioni individuali e alle cessioni di credito; in particolare:

  • relativamente alla esecuzione immobiliare promossa da una Banca in forza di credito fondiario, stabiliva che non poteva proseguire, non essendo applicabile analogicamente l’art. 41 II t.u.b.
  • relativamente alla cessione di credito a favore di una Banca, riteneva che, avendo data certa, i suoi effetti non venissero meno ma potessero proseguire, con il limite del triennio, applicando un principio desumibile dagli artt. 2918 e 1605 c.c.

COMMENTO

Delle tre procedure previste dalla normativa sul sovraindebitamento (l. 3/12 e ss.mm.ii., impropriamente chiamata “salva suicidi”), quella per liquidazione dei beni risulta avere diffusa applicazione, complice anche il fatto che le altre due, per accordo di composizione e di piano del consumatore, si rivelano all’atto pratico spesso difficilmente praticabili (per la pluralità di requisiti di ammissibilità, presupposti e condizioni che il dettato normativo allo stato impone, e per la difficoltà nell’un caso di ottenere, sulla proposta di accordo, l’approvazione a maggioranza da parte dei creditori, e nell’altro caso di superare, per il piano del consumatore, il vaglio di meritevolezza da parte del Giudice).

L’utilità di tale procedura per il debitore sta essenzialmente nella prospettiva della esdebitazione, seppure affatto automatica (essendo subordinata ad una serie di condizioni, ex art. 14 terdecies), e tantomeno ravvicinata (se consideriamo che presuppone la chiusura della procedura e che al riguardo, ex art. 14 novies comma 5, è stabilito un termine di durata eccezionalmente minima, anzichè massima, ossia “non prima del decorso del termine di quattro anni dal deposito della domanda”).

L’esecuzione che ne deriva è di tipo precipuamente concorsuale, demandandosi al Liquidatore, analogamente al Curatore di un fallimento, la formazione dell’inventario dei beni, dello stato passivo, e del programma di liquidazione: a quest’ultimo proposito, fermo che con il decreto di apertura della procedura viene sempre disposto che “sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni cautelari o esecutive ne’ acquistati diritti di prelazione sul patrimonio oggetto di liquidazione da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore” (art. 14 quinquies comma 2 lettera b): dunque una sospensione necessaria, come in caso di apertura della procedura per accordo di composizione e diversamente da quella, discrezionale, che si può avere con l’apertura della procedura di piano del consumatore), il Liquidatore può subentrare nelle procedure esecutive pendenti (art. 14 nonies comma 2 ultima parte); può però anche effettuare “le vendite e gli altri atti di liquidazione” “tramite procedure competitive”, “sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di modesto valore, da parte di operatori esperti” (art. 14 nonies comma 2 prima parte; si prevede anche la possibilità di “avvalersi di soggetti specializzati”, prevedendo il solo limite di “assicurare, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati”).

Il provvedimento del Tribunale di Udine affronta varie questioni, tra cui appare particolarmente rilevante, nella pratica, quella della applicabilità o meno dell’art. 41 II t.u.b.: posto che il testo della norma fa menzione esclusivamente della “dichiarazione di fallimento del debitore”, e si tratta di norma eccezionale per cui ex art. 14 disp. prel. c.c. è preclusa l’estensione analogica, la la conseguenza per le banche è che, una volta aperta la procedura di liquidazione, diversamente che nel fallimento, non possono nè iniziare nè proseguire l’azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari (similmente, Tribunale di Bari 18.11.13, su questa stessa rivista, aveva escluso il privilegio processuale del creditore fondiario anche in caso di concordato preventivo, argomentando che mentre l’art. 51 l.fall. fa salve le diverse disposizioni di legge, non altrettanto viene fatto dall’art. 168 l.f.).

Favorevole ai creditori ante liquidazione è invece la soluzione data alla questione della sorte delle cessioni di credito: esse non divengono inefficaci perchè, a condizione che siano rispettate le regole ex art. 2914 n. 2 c.c. (ossia che siano state notificate al debitore ceduto o accettate dal medesimo successivamente al pignoramento), esse sono opponibili al fallimento, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, e quindi a fortiori anche alla liquidazione, seppur nei limiti di un triennio, applicando un principio desumibile ex art. 2918 c.c. (norma relativa alle cessioni e liberazioni di pigioni e di fitti) ed ex art. 1605 c.c. (norma relativa liberazione o cessione del corrispettivo della locazione).

Il provvedimento è interessante anche per quanto riguarda la procedura.

Risulta essere stato concesso al debitore un termine per integrazioni documentali, dunque sul presupposto che la documentazione originariamente allegata al ricorso (e che è tra le condizioni di ammissibilità dello stesso) fosse carente: gli articoli della l. 3/12 sulla liquidazione dei beni non lo prevederebbero, mentre per le procedure di accordo di composizione e di piano del consumatore vi è una previsione (l’art. 9 comma 3-ter) la cui portata non è però chiarissima (pacifico che si tratta di un potere discrezionale, così come in tema di concordato l’art. 162 comma 2 l. fall., il comma in questione, che recita testualmente “Il giudice può concedere un termine perentorio non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni alla proposta e produrre nuovi documenti”, risulta inserito, dalla novella, in un articolo che tratta del deposito sia della proposta di accordo che del piano del consumatore, ma menziona solo la prima e non anche il secondo).

Risulta essere stato nominato Liquidatore il Gestore, ossia il professionista, designato dall’Organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento (ovvero in mancanza di esso nominato dal Giudice affinchè ne faccia le funzioni) e che aveva redatto la relazione allegata al ricorso per liquidazione.

Tribunale di Udine, Giudice Dott. Massarelli, 04-01-2017 – PIANO DEL CONSUMATORE

NON BASTA L’ASSENZA DI ATTI IN FRODE: OCCORRE DIMOSTRARE PRUDENZA E PROPORZIONALITÀ NEL RICORSO AL CREDITO, E CHE IL SOVRAINDEBITAMENTO CONSEGUE A EVENTI IMPREVEDIBILI.
E’ ESCLUSA LA MERITEVOLEZZA QUANDO SI OTTENGONO PRESTITI LE CUI RATE ASSORBONO PER OLTRE UN TERZO IL REDDITO MENSILE.
SI APPLICANO I PRINCIPI DEL CONCORDATO PREVENTIVO SULLA “CAUSA CONCRETA”: IL PIANO DEVE PREVEDERE UNA SODDISFAZIONE, SEPPURE MODESTA, DI TUTTI I CREDITORI.

MASSIME

Nella procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento per piano del consumatore, ai fini del giudizio di meritevolezza del debitore il mancato compimento di atti in frode a nulla rileva. 

Il debitore può accedere al piano del consumatore ogni volta che la consistenza del suo patrimonio e dei suoi redditi gli avrebbe ragionevolmente consentito via via l’assunzione di debiti; il sovraindebitamento finale, che ciononostante si verifichi, deve essere conseguenza di eventi non prevedibili ex ante. Pertanto, non sussiste il requisito della meritevolezza quando il debitore, anzichè estinguere il finanziamento precedente, di cui non può più sostenere il pagamento, sottoscrivendone un altro di durata maggiore e rata inferiore, così da avere più margini di liquidità, fa ricorso a nuovo credito aggiuntivo, superando la regola prudenziale che richiede di non far sì che il reddito mensile di una persona sia assorbito per oltre un terzo dal rimborso di rate di finanziamento.

E’ indispensabile che la proposta preveda non solo il soddisfacimento dei creditori privilegiati (in misura integrale o almeno corrispondente al valore di mercato del bene o dei beni su cui le cause di prelazione insistono) ma anche un soddisfacimento di tutti i creditori chirografari, o degradati in chirografo (in misura bensì parziale ma comunque effettiva), in applicazione del principio affermato da Cass. S.U. 1521/2013 per il concordato preventivo. 

Ove siano attive assegnazione forzata o cessione del quinto dello stipendio, il piano del consumatore non può prevedere “ristrutturazione” riguardo agli importi, perchè i crediti relativi sono ormai fuoriusciti dal patrimonio del debitore, a prescindere dal futuro pagamento.

E’ necessaria per il debitore l’assistenza tecnica di un avvocato: il difetto di rappresentanza in giudizio è rilevato d’ufficio, con concessione di termine per sanarlo.

Ove emerga prima facie dal ricorso, dai documenti e dalla relazione dell’OCC la carenza di un presupposto (come ad esempio: il difetto di meritevolezza; la soddisfazione non integrale dei creditori privilegiati senza attestazione dell’OCC di incapienza del cespite gravato; l’assenza di una qualche soddisfazione, parziale ma effettiva, anche dei creditori chirografari; la pretesa ristrutturazione di debiti per cui sono attive assegnazione forzata o cessione del quinto; la mancata allegazione dei documenti prescritti; la mancata quantificazione dei crediti prededucibili in quanto sorti in occasione o in funzione della procedura di sovraindebitamento), va dichiarata l’inammissibilità senza necessità di fissare comunque l’udienza, essendo tale carenza rilevabile d’ufficio e non avendo senso avviare il procedimento di omologa con quel che ne consegue in termine di compressione medio tempore dei diritti dei creditori.

IL CASO

Un debitore adducendo una situazione di sovraindebitamento proponeva la procedura per piano del consumatore: il ricorso recava in allegato la relazione particolareggiata del professionista nominato con funzioni di OCC, ma non era sottoscritto da un avvocato.

Il Giudice anzitutto rilevava, in rito, il difetto di rappresentanza in giudizio e concedeva termine per sanarlo.

Costituitosi il debitore con il patrocinio di un legale, il Giudice, esaminati approfonditamente gli atti e i documenti e la relazione dell’OCC respingeva il ricorso, dichiarandolo inammissibile, senza fissare alcuna udienza, rilevando, oltre a carenze nella documentazione allegata e nella formulazione del piano:

– il difetto del requisito (previsto dalle norme sul piano del consumatore) della meritevolezza, ritenuto da provarsi in aggiunta all’assenza di atti in frode, perchè, tenuto conto delle tempistiche dei prestiti che risultavano contratti, e dell’entità delle rate in relazione al reddito (complessivamente superiori ad un terzo di questo), ravvisava imprudenza e non proporzionalità nel ricorso al credito.

– il difetto del presupposto (affermato dalla giurisprudenza per il concordato preventivo) per cui dalla procedura deve derivare a tutti creditori un soddisfacimento, anche modesto ma effettivo, mentre nel piano per i chirografari era prevista la remissione.

COMMENTO

Delle tre procedure previste dalla normativa sul sovraindebitamento (l. 3/12 e ss.mm.ii., impropriamente chiamata “salva suicidi”), quella per accordo di composizione e quella per liquidazione dei beni derivano all’evidenza da paradigmi consolidati (rispettivamente, il concordato e il fallimento), all’uopo adattati al debitore non fallibile.

La procedura del piano del consumatore (introdotta dalla novella di cui al d.l. 179/12 convertito nella l. 221/12) si è invece palesata come una sorta di novità (arrivando taluno a coniare la definizione, ossimorica, di concordato coattivo): anche per questo, ha suscitare molto interesse e (complici anche le primissime applicazioni che hanno trovato grande eco) molte aspettative.

Infatti l’omologazione del piano del consumatore, diversamente da quella dall’accordo di composizione, non presuppone il consenso di una maggioranza qualificata del ceto creditorio, ma richiede (oltre beninteso all’osservanza di una serie di requisiti di ammissibilità, a tutela di diverse categorie di creditori) una valutazione, demandata al Giudice, di meritevolezza (e ciò in controtendenza al concordato, ove un requisito del genere è stato eliminato).

Come era forse prevedibile, la giurisprudenza, col tempo, ha assunto posizioni prudenti e financo restrittive, di contro agli spazi di discrezionalità che le norme potrebbero attribuire.

Il provvedimento del Tribunale di Udine si inserisce in questa tendenza e si segnala per la analiticità ed esaustività motivazionale, certo da apprezzare, nella attuale situazione di incertezza interpretativa in tema di procedure di sovraindebitamento, anche al fine di orientare concretamente gli operatori .

Peraltro alcuni passaggi, ove si assumessero in termini assoluti (al di là del caso particolare, “immeritevole” sotto svariati profili), limiterebbero l’ambito di fruibilità del piano del consumatore, nella pratica, ad ipotesi, se non eccezionali, alquanto rare.

Relativamente alla meritevolezza, il Tribunale di Udine non si limita a puntualizzare che essa costituisce un quid pluris rispetto alla assenza di atti in frode, di cui si deve fornire prova positiva (dimostrando che, al momento dell’assunzione delle obbligazioni, redditi e patrimonio facevano ragionevolmente confidare sul poter sempre pagare ogni debito alla sua scadenza, e comunque che la sproporzione dell’esposizione verificatasi è stata causata da eventi non prevedibili e da condotte non colpose): individua anche una condotta tipica, di per sè incompatibile con il requisito e tale da escluderlo, ossia il contrarre un nuovo prestito senza con esso estinguere il precedente (in modo da sostituirlo con uno nuovo di durata più lunga e rata più bassa, che sarebbe l’unica opzione “sensata”), cumulando rate che assorbono più di un terzo del reddito.

Il Tribunale di Udine ritiene poi necessario un requisito non previsto in modo inequivocabile dalle norme sul piano del consumatore ma affermato dalla Corte di Cassazione per il concordato preventivo, a proposito della verifica della causa concreta (Sezioni Unite 1521/2013: “il controllo del Giudice si attua verificando l’effettiva realizzabilità della causa concreta, da intendersi come obiettivo specifico perseguito dal procedimento …. finalizzato, da un lato, al superamento della situazione di crisi dell’imprenditore, e dall’altro, all’assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori”): in buona sostanza, per il provvedimento in esame, è inammissibile un piano del consumatore che per alcuni creditori non preveda nulla, determinando una pura remissione dei debiti.

Diversamente da altre pronunce (es. Tribunale di Siracusa 17.6.16, che ha omologato un piano del consumatore prevedente la revoca della cessione del quinto), il Tribunale di Udine reputa che siano insuscettibili di ristrutturazione in questa sede i debiti per i quali sono già attive assegnazione forzata in sede di esecuzione o cessione volontaria del quinto dello stipendio, perchè i crediti relativi devono intendersi ormai fuoriusciti dal patrimonio del debitore, a prescindere dal futuro pagamento.

Il provvedimento è interessante anche per quanto riguarda la procedura.

La generalità dei Tribunali ammette che l’istanza per la nomina del professionista con funzioni di OCC possa essere sottoscritta dal debitore senza l’avvocato.

Diversi sono invece gli orientamenti quanto all’atto che introduce propriamente le procedure del sovraindebitamento, e cioè il deposito della proposta di accordo o del piano del consumatore, ovvero il deposito della domanda di liquidazione del beni.

Per tale fase, la necessità della assistenza tecnica del debitore era stata ravvisata già da Tribunale di Vicenza 29.4.14 (per queste ragioni: 1) la proposta è una domanda giudiziale con il fine di comporre una crisi finanziaria, e si è in presenza di interessi contrapposti; 2) il ricorso è introduttivo di una procedura; 3) la procedura si svolge davanti ad un tribunale; 4) la procedura presenta fasi potenzialmente contenziose), però come regola generale suscettibile di deroga (prevedendo infatti che l’assistenza di un legale che assista il debitore può non essere necessaria se nell’OCC che concretamente presenta la domanda vi sia anche un legale che se ne faccia carico, curando tutti gli aspetti tecnici della stessa).

La prassi di molti Giudici, tra cui quella del Tribunale di Pordenone (che, venendo costituito nella sua circoscrizione un OCC forense, ha esaminato casi in cui Gestore era un avvocato), è stata finora per aprire comunque le procedure.

Più recentemente, Tribunale di Massa 28.1.16 ha distinto nettamente da ciò la funzione dell’OCC (osservando che essa non consiste nel formulare, in nome e per conto del debitore la proposta di accordo con i creditori o la domanda di liquidazione, ma semplicemente nell’essere di “ausilio” al debitore per tutto quanto necessario o utile nell’ambito di una di tali procedure, conformemente alle previsioni della L. n. 3/2012 ed ai poteri che la stessa attribuisce, ed affermando conseguentemente che la legittimazione attiva a formulare la proposta di accordo con i creditori oppure la domanda di liquidazione spetta per contro al debitore stesso e. precisamente, non a lui personalmente, ma al suo procuratore nella sua qualità di rappresentante tecnico).

Il Tribunale di Udine pare aderire a questa impostazione più rigorosa (che presuppone un giudizio di inconciliabilità con i compiti principali del Gestore, quale ausiliario del Giudice, il fatto che lo stesso finisca per fungere da legale del debitore), reputando senz’altro e comunque necessaria l’assistenza tecnica.

E molto rigore ha dimostrato anche relativamente alle riscontrate carenze nella documentazione allegata e nella formulazione del piano.

Può essere condivisibile la decisione di non fissare udienza (per ragioni di economia processuale, anche senza considerare la compressione medio tempore dei diritti dei creditori che avviene con il deposito del piano ex art. 9 comma 3-quater, trattandosi della sospensione del corso degli interessi ma soltanto per i creditori chirografari e comunque ai soli effetti del concorso, dunque con portata alquanto limitata): tuttavia poteva essere concesso un termine perentorio per integrare opportunamente atti e documenti, trattandosi di eventualità prevista per la proposta di accordo (v. art. 9 comma 3-ter), e non esclusa per il piano del consumatore.

Sovraindebitamento – Giurisprudenza Tribunale di Rovigo, Giudice Dott. Martinelli, 31-01-2018 – LIQUIDAZIONE DEI BENI

E’ AMMISSIBILE LA PROCEDURA DI LIQUIDAZIONE DEI BENI ANCHE NELL’IPOTESI DI ASSENZA DI BENI MOBILI ED IMMOBILI DA LIQUIDARE

…. l’istituto della liquidazione è stato – per così dire – mutuato dalla procedura fallimentare, potendosi facilmente confrontare la simmetria terminologica e funzionale. Ciò posto, occorre sottolineare come non possa dubitarsi della legittimità di un fallimento (oltre che di un concordato) privo di beni mobili ed immobili, il cui attivo sia costituito solo da crediti o da denaro, ovvero da beni già liquidi.

…. la tesi trova espressa conferma nell’art. 14 quinquies lett. d) a mente del quale il Giudice “ordina, quando il patrimonio comprende beni immobili o beni mobili registrati, la trascrizione del decreto, a cura del liquidatore”, con ciò, evidentemente, contemplando anche l’ipotesi in cui tali beni non siano presenti, posto che l’utilizzo dell’avverbio “quando” non può lasciare dubbi circa la alternatività delle possibilità liquidatorie

…. in difetto di beni da liquidare non manca un’utilità di nomina del liquidatore (utilità che a ben vedere non emerge quale presupposto di ammissibilità), posto che – sulla falsariga del procedimento fallimentare – gli è demandato il compito non solo di recupero dell’attivo, ma anche di accertamento dei crediti, riconoscimento dei diritti di prelazione e predisposizione dei piani di riparto

….  la struttura dell’istituto – come delineata dall’art. 14 quater l.f. – non lascia spazio a letture difformi: posto che (premessa maggiore) accordi e piani del consumatore sono senza alcun dubbio ammissibili qualora siano fondati su un attivo costituito solo da crediti, in assenza di un patrimonio immobiliare e mobiliare, e l’annullamento, la cessazione degli effetti dell’omologazione del piano del consumatore, il mancato pagamento entro 90 giorni dalla scadenza prevista alle amministrazioni pubbliche e enti previdenziali, la risoluzione dell’accordo o la revoca, consentono la conversione degli stessi nella procedura di liquidazione – su istanza del debitore o dei creditori – (premessa minore) deve necessariamente concludersi (pena l’illogica interruzione del ragionamento sillogistico) che anche la liquidazione può presentarsi – ab origine – in difetto di compendio mobiliare ed immobiliare (Non solo, infatti, la legge mostra di configurare la liquidazione come la extrema ratio ove approdare nell’ipotesi di esito infausto degli altri due istituti, anche per fatti imputabili al debitore – sicché la struttura a cerchi concentrici consente di ipotizzare che quello liquidatorio sia il più ampio e contenitivo di tutte le altre procedure previste dalla l. n. 3/2012 – ma, diversamente ragionando, si dovrebbe persino concludere che non è consentito al debitore privo di beni mobili o immobili richiedere la liquidazione, magari anche in presenza di un comportamento diligente, mentre è possibile – anche su istanza di un creditore – qualora derivi dalla conversione di una procedura diversa (accordo o piano); persino nelle ipotesi in cui ciò consegua proprio ad un comportamento
colposo o doloso dello stesso debitore)

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Corte di Cassazione, Sezione I, Estensore Dott. Ferro, sentenza 01-02-2016 n. 1869

Sulla ammissibilità o meno del ricorso per cassazione

[ provvedimento impugnato: decreto Trib. Monza … che, nel rigettare il reclamo avverso il decreto (di non sospensione) emesso il … dal giudice (monocratico) del sovraindebitamento del medesimo tribunale, confermava la estraneità del ricorrente alla nozione di consumatore di cui all’art.6 co.2 1. n.3/2012 in ragione della natura delle obbligazioni contratte (e successivamente all’esaurimento negativo di altro tentativo di composizione della crisi da sovraindebitamento) ]

IL RICORSO, CONSIDERATI UNITARIAMENTE I MOTIVI, È INAMMISSIBILE, POSTO CHE CON ESSO — AL DI LÀ DELLA GENERICITÀ DELLE CONTESTAZIONI, OVE SI CONTRASTA LA CONTRARIETÀ ALL’INTERA LEGGE N. 3 DEL 2012 DEL PROVVEDIMENTO IMPUGNATO E A PRESCINDERE DAL RISCONTRO DI UNA EVOCAZIONE AL GIUDIZIO IMPROPRIA QUANTO AI LEGITTIMATI PASSIVI, RIDUTTIVAMENTE CIRCOSCRITTI NELLA VICENDA AL SOLO ORGANISMO DI COMPOSIZIONE DELLA CRISI — VIENE SOTTOPOSTA A CENSURA UNA PRONUNCIA CONNOTATA DALL’ASSENZA DI CARATTERE DECISORIO E CONTESTUALMENTE DEFINITIVO DEL PROVVEDIMENTO DI RIGETTO DELL’AMMISSIBILITÀ DEL PIANO, CHE NON PREGIUDICA IN TESI LA STESSA POSSIBILITÀ DI PRESENTARE UN ALTRO E DIVERSO PIANO (DEL CONSUMATORE), PUR SE CON GLI EVENTUALI LIMITI TEMPORALI — POSTI DAL LEGISLATORE A FRONTEGGIARE UN USO RIPETUTO ED INDISCRIMINATO DELL’ISTITUTO — DI CUI ALL’ART. 7 CO. 2 LETT. B), PERALTRO DETTATO A CARICO DEL DEBITORE CHE “VI ABBIA FATTO RICORSO”, DUNQUE FRUENDO DEGLI EFFETTI PIENI DELL’ISTITUTO STESSO NEL QUINQUENNIO ANTERIORE. IL PROVVEDIMENTO DENEGATIVO, A QUESTA STREGUA, NON ESPRIME ALLORA TRATTI RILEVANTEMENTE DIVERSI, RIGUARDATO SOTTO IL PROFILO DELLA RICORRIBILITÀ PER CASSAZIONE, DAI CORRISPONDENTI PROVVEDIMENTI NEGATIVI (O DI RIGETTO ALLO STATO DEGLI ATTI) ASSUNTI NELLA PROCEDURA PREFALLIMENTARE (CASS. 6683/2015), IN QUANTO ANCH’ESSO ESPLICITA UNA SPECIFICA INIDONEITÀ A TRADURSI, PER VIA GIUDIZIALE, NELLA VALIDAZIONE DEL SINGOLO PROGETTO RISTRUTTURATIVO DEL PASSIVO QUALE PROPOSTO IN UN DATO RICORSO E DUNQUE RIFLETTE UNA SITUAZIONE ECONOMICO-FINANZIARIA POTENZIALMENTE MUTEVOLE, NÉ È ASSIMILABILE, COME SBRIGATIVAMENTE IPOTIZZATO DALLA PARTE, AL DINIEGO DELL’ESDEBITAZIONE FALLIMENTARE DI CUI ALL’ART. 143 L.F., SOGGETTA AD ALTRI PRESUPPOSTI, DELIMITAZIONI E FINALITÀ.

Principio di diritto sulla nozione di consumatore

(enunciazione ai sensi dell’art. 363 co.3 cod.proc.civ., nonostante l’esito di inammissibilità del ricorso, giustificata, riguardo al solo punto del requisito tipologico necessario in capo al proponente, per la sua particolare importanza) 

AI SENSI DELLA LEGGE 27 GENNAIO 2012, N. 3, LA NOZIONE DI CONSUMATORE PER ESSA ABILITATO AL PIANO, COME MODALITÀ DI RISTRUTTURAZIONE DEL PASSIVO E PER LE ALTRE PREROGATIVE IVI PREVISTE, NON ABBIA RIGUARDO IN SÉ E PER SÉ AD UNA PERSONA PRIVA, DAL LATO ATTIVO, DI RELAZIONI D’IMPRESA O PROFESSIONALI, INVERO COMPATIBILI SE PREGRESSE OVVERO ATTUALI, PURCHÉ NON ABBIANO DATO VITA AD OBBLIGAZIONI RESIDUE, POTENDO IL SOGGETTO ANCHE SVOLGERE L’ATTIVITÀ DI PROFESSIONISTA O IMPRENDITORE, INVERO SOLO ESIGENDO L’ART. 6, CO. 2, LETT. B) UNA SPECIFICA QUALITÀ DELLA SUA INSOLVENZA FINALE, IN ESSA CIOÈ NON POTENDO COMPARIRE OBBLIGAZIONI ASSUNTE PER GLI SCOPI DI CUI ALLE PREDETTE ATTIVITÀ OVVERO COMUNQUE ESSE NON DOVENDO PIÙ RISULTARE ATTUALI, ESSENDO CONSUMATORE SOLO IL DEBITORE CHE, PERSONA FISICA, RISULTI AVER CONTRATTO OBBLIGAZIONI — NON SODDISFATTE AL MOMENTO DELLA PROPOSTA DI PIANO – PER FAR FRONTE AD ESIGENZE PERSONALI O FAMILIARI O DELLA PIÙ AMPIA SFERA ATTINENTE AGLI IMPEGNI DERIVANTI DALL’ESTRINSECAZIONE DELLA PROPRIA PERSONALITÀ SOCIALE, DUNQUE ANCHE A FAVORE DI TERZI, MA SENZA RIFLESSI DIRETTI IN UN’ATTIVITÀ D’IMPRESA O PROFESSIONALE PROPRIA, SALVO GLI EVENTUALI DEBITI DI CUI ALL’ART. 7 CO. 1 TERZO PERIODO (TRIBUTI COSTITUENTI RISORSE PROPRIE DELL’UNIONE EUROPEA, IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO E RITENUTE OPERATE E NON VERSATE) CHE SONO DA PAGARE IN QUANTO TALI, SULLA BASE DELLA VERIFICA DI EFFETTIVITÀ SOLUTORIA COMMESSA AL GIUDICE NELLA SEDE DI CUI ALL’ART. 12BIS CO.3 1. N. 3 DEL 2012.