Tribunale di Udine, Giudice Dott. Massarelli, 12-05-2016 – LIQUIDAZIONE DEI BENI

NELLA PROCEDURA PER LIQUIDAZIONE DEI BENI LE PROCEDURE ESECUTIVE PENDENTI NON POSSONO PROSEGUIRE, NEMMENO SE AVVIATE DA CREDITORI FONDIARI: NON SI APPLICA L’ART. 41 COMMA 2 TUB.
NELLA PROCEDURA PER LIQUIDAZIONE DEI BENI ALLE CESSIONI DI CREDITO ANTERIORI SI APPLICA LA LIMITAZIONE TEMPORALE DEL TRIENNIO: SI APPLICA UN PRINCIPIO DESUMIBILE DAGLI ARTT. 2918 E 1605 C.C.

MASSIME
Nella procedura di liquidazione dei beni del debitore in stato di sovraindebitamento, ex art. 14 ter l. n° 3/2012, le procedure esecutive pendenti a carico del debitore non possono proseguire per tutta la durata del procedimento liquidatorio, nemmeno se avviate da creditori fondiari: manca una disposizione di deroga, quale quella recata dall’art. 41 comma 2 TUB solo per il fallimento del debitore, per stabilire che il creditore fondiario può avviare o proseguire l’esecuzione individuale anche in caso di liquidazione del debitore in stato di sovraindebitamento, e le norme eccezionali non possono essere interpretate analogicamente per farne applicazione ad altri casi rispetto a quelli in essa considerati (art. 14 disp. prel. c.c.).
Con l’apertura della liquidazione concorsuale, le cessioni di credito disposte dal creditore non divengono automaticamente inefficaci: se sono rispettate le regole di cui all’art. 2914 n° 2 c.c., esse sono opponibili, ma, applicando un principio desumibile dall’art. 2918 cod. civ. e dall’art. 1605 cod.civ., con la limitazione temporale del triennio.
E’ concedibile al debitore un termine per integrazioni documentali.
E’ opportuno nominare liquidatore lo stesso professionista che ha svolto le funzioni di O.C.C. e redatto la relazione particolareggiata ex art. 15 comma 8 L. n° 3/2012.

IL CASO
Un debitore in stato di sovraindebitamento, non essendovi le condizione per proporre un accordo di composizione o un piano del consumatore, depositava ricorso per liquidazione del patrimonio, ex art. 14 ter l. 3/12, allegando la relazione del Gestore della crisi (ossia il professionista con funzioni di OCC)
Il Giudice, esaminata la documentazione (come integrata a seguito di termine all’uopo concesso), ravvisava l’assenza di cause di inammissibilità e di atti in frode, e dichiarava aperta la procedura concorsuale, nominando Liquidatore del patrimonio lo stesso Gestore della crisi.
Con il decreto, decideva varie questioni quanto alle preesistenti esecuzioni individuali e alle cessioni di credito; in particolare:

  • relativamente alla esecuzione immobiliare promossa da una Banca in forza di credito fondiario, stabiliva che non poteva proseguire, non essendo applicabile analogicamente l’art. 41 II t.u.b.
  • relativamente alla cessione di credito a favore di una Banca, riteneva che, avendo data certa, i suoi effetti non venissero meno ma potessero proseguire, con il limite del triennio, applicando un principio desumibile dagli artt. 2918 e 1605 c.c.

COMMENTO

Delle tre procedure previste dalla normativa sul sovraindebitamento (l. 3/12 e ss.mm.ii., impropriamente chiamata “salva suicidi”), quella per liquidazione dei beni risulta avere diffusa applicazione, complice anche il fatto che le altre due, per accordo di composizione e di piano del consumatore, si rivelano all’atto pratico spesso difficilmente praticabili (per la pluralità di requisiti di ammissibilità, presupposti e condizioni che il dettato normativo allo stato impone, e per la difficoltà nell’un caso di ottenere, sulla proposta di accordo, l’approvazione a maggioranza da parte dei creditori, e nell’altro caso di superare, per il piano del consumatore, il vaglio di meritevolezza da parte del Giudice).

L’utilità di tale procedura per il debitore sta essenzialmente nella prospettiva della esdebitazione, seppure affatto automatica (essendo subordinata ad una serie di condizioni, ex art. 14 terdecies), e tantomeno ravvicinata (se consideriamo che presuppone la chiusura della procedura e che al riguardo, ex art. 14 novies comma 5, è stabilito un termine di durata eccezionalmente minima, anzichè massima, ossia “non prima del decorso del termine di quattro anni dal deposito della domanda”).

L’esecuzione che ne deriva è di tipo precipuamente concorsuale, demandandosi al Liquidatore, analogamente al Curatore di un fallimento, la formazione dell’inventario dei beni, dello stato passivo, e del programma di liquidazione: a quest’ultimo proposito, fermo che con il decreto di apertura della procedura viene sempre disposto che “sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni cautelari o esecutive ne’ acquistati diritti di prelazione sul patrimonio oggetto di liquidazione da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore” (art. 14 quinquies comma 2 lettera b): dunque una sospensione necessaria, come in caso di apertura della procedura per accordo di composizione e diversamente da quella, discrezionale, che si può avere con l’apertura della procedura di piano del consumatore), il Liquidatore può subentrare nelle procedure esecutive pendenti (art. 14 nonies comma 2 ultima parte); può però anche effettuare “le vendite e gli altri atti di liquidazione” “tramite procedure competitive”, “sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di modesto valore, da parte di operatori esperti” (art. 14 nonies comma 2 prima parte; si prevede anche la possibilità di “avvalersi di soggetti specializzati”, prevedendo il solo limite di “assicurare, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati”).

Il provvedimento del Tribunale di Udine affronta varie questioni, tra cui appare particolarmente rilevante, nella pratica, quella della applicabilità o meno dell’art. 41 II t.u.b.: posto che il testo della norma fa menzione esclusivamente della “dichiarazione di fallimento del debitore”, e si tratta di norma eccezionale per cui ex art. 14 disp. prel. c.c. è preclusa l’estensione analogica, la la conseguenza per le banche è che, una volta aperta la procedura di liquidazione, diversamente che nel fallimento, non possono nè iniziare nè proseguire l’azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari (similmente, Tribunale di Bari 18.11.13, su questa stessa rivista, aveva escluso il privilegio processuale del creditore fondiario anche in caso di concordato preventivo, argomentando che mentre l’art. 51 l.fall. fa salve le diverse disposizioni di legge, non altrettanto viene fatto dall’art. 168 l.f.).

Favorevole ai creditori ante liquidazione è invece la soluzione data alla questione della sorte delle cessioni di credito: esse non divengono inefficaci perchè, a condizione che siano rispettate le regole ex art. 2914 n. 2 c.c. (ossia che siano state notificate al debitore ceduto o accettate dal medesimo successivamente al pignoramento), esse sono opponibili al fallimento, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, e quindi a fortiori anche alla liquidazione, seppur nei limiti di un triennio, applicando un principio desumibile ex art. 2918 c.c. (norma relativa alle cessioni e liberazioni di pigioni e di fitti) ed ex art. 1605 c.c. (norma relativa liberazione o cessione del corrispettivo della locazione).

Il provvedimento è interessante anche per quanto riguarda la procedura.

Risulta essere stato concesso al debitore un termine per integrazioni documentali, dunque sul presupposto che la documentazione originariamente allegata al ricorso (e che è tra le condizioni di ammissibilità dello stesso) fosse carente: gli articoli della l. 3/12 sulla liquidazione dei beni non lo prevederebbero, mentre per le procedure di accordo di composizione e di piano del consumatore vi è una previsione (l’art. 9 comma 3-ter) la cui portata non è però chiarissima (pacifico che si tratta di un potere discrezionale, così come in tema di concordato l’art. 162 comma 2 l. fall., il comma in questione, che recita testualmente “Il giudice può concedere un termine perentorio non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni alla proposta e produrre nuovi documenti”, risulta inserito, dalla novella, in un articolo che tratta del deposito sia della proposta di accordo che del piano del consumatore, ma menziona solo la prima e non anche il secondo).

Risulta essere stato nominato Liquidatore il Gestore, ossia il professionista, designato dall’Organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento (ovvero in mancanza di esso nominato dal Giudice affinchè ne faccia le funzioni) e che aveva redatto la relazione allegata al ricorso per liquidazione.